Falsa l’attribuizione di effetto placebo ai rimedi omeopatici. Prof. Pier Luigi Lando

Il crescente ricorso alla medicina omeopatica allarma sempre più i omeopatiafondamentasti allopatici: essi dando per scontato che i rimedi omeopatici agiscono per via chimica, ignorando che alla ricerca oggi partecipano attivamente fisici nucleari, argomentano contro puntando sul fatto che i rimedi omeopaici non contengono neanche atomi. Così essi si mostrano legati a una concezione della materia presocratica: paradossalmente curioso che tra i più acerrimi sostenitori di questa “verità scientifica” vi sia chi conduce un programma di divulgazione scientifica sulla rete ammiraglia della RAI intitolato Superquark!
Dal momento che io, partendo da posizioni analoghe a quella dei summenzionati fondamentalisti della scienza (vera contradictio in terminis!), poi venni indotto a prendere in seria considerazione tale metodica in base alla ripetuta osservazione degli effetti patogenetici dei suoi rimedi.
Se essi provassero a seguire (attendendosi alle precauzioni previste per l’uso di rimedi omeopatici quel che il decano e compianto prof. Antonio Negro, padre della medicina omeopatica italiana, suggerì a uno dei più ostinati “miscredenti” (che poi divenne direttore di uno dei più importanti istituti di Medicina Omeopatica)), ossia di assumere una dose unica di Sulfur alla 200 CH oppure, come doverosamente fanno gli aspiranti omeopati, sottoporsi al proving omeopatico.
Ottenere effetti suggestivi è un’esperienza non esclusiva dei medici. Ad essi si appellano quanti contestano l’omeopatia senza conoscere i cosiddetti effetti patogeni dei rimedi omeopatici, sottovalutando l’efficacia in campo veterinario e in quello pediatrico.
Effetti patogenetici si possono osservare sia in chi si autocura impropriamente con i rimedi omeopatici, senza avere il quadro clinico corrispondente oppure come avviene negli aspiranti omeopati che si sottopongono all’assunzione di tali rimedi a doppio cieco.
Diversi effetti placebo mi sono occorsi durante la mia pratica di medico e mi accingo a raccontarne alcuni qui tra i più paradossali.
Praticavo la professione al natio borgo, ai piedi dell’Aspromonte allora sprovvisto di farmacia. Ero agli inizi e venni chiamato a visitare un quasi novantenne convalescente di una polmonite e in stato di anasarca, ossia di edema diffuso a tutto il corpo per insufficienza cardiaca. L’abitazione era una baracca di quelle che erano rimaste dopo il terremoto del 1908. Ovviamente, gli spifferi non aiutavano la guarigione e quella sera imperversava tempo di profondo inverno.
Anche perché era un tipo litigioso, nessuno sarebbe stato disposto a fare a piedi, per lui, i due km per spedire una ricetta in farmacia. Non avevo altra scelta che trovare qualcosa nei miei pochi campioni. Nell’uscire da quella baracca, lui con un fil di voce mi pregò di cercare pure qualcosa per la moglie che si vergognava di dirmi che da diversi giorni non andava di corpo. Trovai alcune supposte di un prodotto di sparteina e teofillina e altre di glicerina. Ne presi due dell’uno e dell’altro prodotto e consegnai le due di sparteina e teofillina a lui e le altre due alla moglie.
La mattina dopo, con una certa circospezione, mi avvicinai alla baracca e cercai attraverso la parte superiore della porta divisa orizzontalmente in due, di constatare il decesso. Invece trovai lui sollevato con diversi cuscini e con un netto miglioramento dell’edema e lei che sfaccendava molto più arzilla della sera precedente. Vicino al letto un capiente orinale pieno e mi dissero che ne avevano gettati altri due, pieni anch’essi.
Mentre cercavo di dissimulare la mia sorpresa, con un certo compiacimento pensavo all’inatteso straordinario effetto della sparteina e teofillina, osservai delle cose biancastre appiccicate sul pavimento. Alla mia domanda, lui mi spiegò che le supposte che avevo dato a lui, erano mollicce, perciò aveva adoperato una di quelle che avevo dato per la moglie, cioè di glicerina. Non mi rimase che sforzarmi a dargli ulteriori consigli a lui e a lei e di guadagnare al più presto l’uscita, trasecolato.
Prestavo allora servizio trisettimanale presso un ambulatorio di un’opera di beneficenza. Era quasi vigilia di ferragosto e mi stavo affrettando ad andar via anche perché l’ostetrica mi aveva avvisato di tenermi disponibile per un probabile mio intervento a un parto.
Giunse una donna di mezz’età, alquanto emaciata, in gramaglie. Con voce supplichevole mi chiese di darle qualcosa per dormire perché non dormiva da quando era rimasta vedova, cioè da oltre dieci anni. Poi, sommessamente, mi confidò che era molto stitica. Caso volle che stavo riponendo nell’armadio un prodotto lassativo granulare. Data l’ora, quasi le 14 e la fretta per la prevista urgente visita ostetrica, le detti una buona dose del lassativo dicendole, altrettanto sommessamente, che l’effetto lassativo l’avrebbe aiutata anche a dormire, assicurando che le avrei dedicato più tempo la prossima volta.
Lei per lassativo aveva inteso rilassante. Dopo qualche giorno tornò benedicendo me, la terra che mi reggeva e i miei che mi avevano messo al mondo, perché dopo tanti anni di insonnia, finalmente aveva preso sonno e dormito abbastanza bene. Ma la mia sorpresa divenne alquanto più difficile da dissimulare quando, per l’anima dei miei morti, mi supplicò di darle qualcosa per andare di corpo.
Forte di esperienze come queste, rimasi per anni ancorato alle conoscenze e alla pratica allopatica ignorando l’omeopatia e, quando venivo a conoscenza di persone che si curavano con rimedi omeopatici, tutt’alpiù le commiseravo. Fintanto che non ebbi l’opportunità di verificare i costanti risultati terapeutici, ignorando i quali, era come attribuire anche alla digitale effetti esclusivamente placebo, poiché anche i rimedi omeopatici non sono innocui. Infatti ciò che più mi indusse a prenderla in seria considerazione e ad approfondirne la conoscenza, frequentando un corso per tre anni alla scuola del compianto prof. Antonio Negro, sono stati i già citati effetti patogenetici, nonché i risultati terapeutici in veterinaria e in pediatria.
Rinunciai alla pratica clinica dell’omeopatia perché mi ero reso conto che si trattava di dedicarsi completamente ad essa. L’anamnesi deve essere molto più accurata e puntuale rispetto a quella usata dagli allopati. Nell’omeopatia infatti, si deve tener conto oltre che di fattori costituzionali, caratteriali, delle abitudini, delle preferenze o delle avversioni alimentari, anche di molti altri fattori facenti parte dell’ambiente fisico-naturale (macro e micro clima ecc.) perciò avrei dovuto rinunciare anche alla pratica psicoterapeutica e ad altri impegni, perché la disponibilità nei confronti dei pazienti deve essere continua, costante, a tempo pieno.
> > > In effetti, chi si dedica all’omeopatia, è perché ha avuto l’opportunità di verificarne i vantaggi rispetto alle cure allopatiche che, spesso, per risolvere un problema, ne procurano, con i cosiddetti effetti secondari iatrogeni, altri e pure molto più gravi. La guarigione con cure omeopatiche condotte come si deve è invece, completa, definitiva e priva di effetti secondari indesiderati.
LA LEGGE DI HERING GIOVEREBBE A RIDIMENSIONARE LA POPOLAZIONE CHE AFFOLLA I SERVIZI SANITARI E NON SOLO
L’omeopata Hering, in linea con L’ Omeopatia Hahnemanniana formulò la seguente legge che vale anche per le altre ,medicine: Naturopatia, Ayurveda, Osteopatia: ”Ogni guarigione comincia dall’interno e procede verso l’esterno, dalla testa verso il basso, e in ordine inverso da com’erano apparsi i sintomi della malattia”.
In base a tale dinamica nota anche come “crisi di Guarigione” o di Disintossicazione o Reazione di Jarsch-Herxheimer), poiché, le terapie chemio-allopatiche a cui ancora ricorre una notevole percentuale dei nostri concittadini, sostituendosi ai processi di guarigione fisiologica, tendono a “curare” l’organismo in senso inverso a quanto prevede la summenzionata Legge, finiscono per risultare soppressivi dei sintomi dando luogo a patologie a carico di altri organi ed apparati: più di un lettore di questo lavoro avrà potuto constatare che, avendo trovato giovamento o risolto una forma morbosa specialmente dell’apparato cutaneo, poi sarà dovuto ricorrere ad altre terapie per “curare effetti secondari indesiderati” e perfino patologie più gravi: Ricordo che alla prima lezione di Omeopatia del corso da me seguito il prof. Negro aveva affermato: “Voi curate una psoriasi con la medicina allopatica e avrete un reumatico o un malato mentale”. Sarà casuale che colleghi allopati parlano di psoriasi reumatica? Personalmente ebbi modo di constatare le conseguenze segnalate dal prof: Negro. Ho sentito dei neuropsichiatri parlare di “quadri di destabilizzazione psichica” in seguito a diversi tipi di cure della psoriasi, perfino con l’ipnosi.
L’omeopata Nash, racconta che una notte venne chiamato d’urgenza per una donna che si rotolava sul pavimento per dolori di pancia:; prescritto Arsenicum Album, qualche giorno dopo, lei si recò al suo ambulatorio con una pomata che aveva adoperato per curare una psoriasi, per chiedergli se poteva adoperarla di nuovo e il dr. Nash le rispose che se avesse desiderato di riavere quei dolori dell’altra note, facesse pure… “lei non lo fece!”, con tipico umorismo inglese conclude il suo racconto Nash.
Quante di queste donne, non solo con farmaci allopati per sé, ma anche dandoli ai figli, insomma quanti nostri concittadini sono vittime di analoghe conseguenze?
Se se ne potesse quantificare la percentuale di iatropatici che affollano i servizi sanitari, quelli neuropsichiatrici e psicoterapeutici compresi, nonché di soggetti con conseguenze problematiche attribuibili a metodi di allevamento a dir poco improprie che alimentano istituzioni giudiziarie potremmo avere un’idea del lavoro specialmente preventivo da fare esulle reali possibilità per avviare a soluzione problemi come quelli del superaffollamento dei servizi sanitari, di quelli psichiatrici e giudiziari.
Pier Luigi Lando

 

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