Ipertensione e attività fisica

L’ipertensione è una condizione morbosa caratterizzata da un aumento dei valori della pressione arteriosa sistolica e/o della pressione diastolica rispetto agli standard fisiologici considerati normali (120/80mmHg). Essa è woman-jogger-jogging-sportuna tra le malattie più diffuse nei paesi industrializzati, infatti colpisce circa il 20% della popolazione adulta e rappresenta uno dei maggiori problemi clinici dei tempi moderni.
La forza con cui il cuore riesce a far circolare il sangue all’interno dei vasi sanguigni è detta pressione del sangue. Quando il cuore si contrae e pompa sangue parliamo di pressione sistolica, comunemente definita massima, invece, quando il cuore si rilassa abbiamo la pressione diastolica, comunemente definita minima.
L’ipertensione arteriosa, in accordo con le linee guida OMS-ISH, viene definita in base al riscontro, in condizioni di riposo, di una pressione massima uguale o superiore a 140 mmHg (millimetri di mercurio), oppure di una pressione minima uguale o superiore a 90 mmHg.
Solitamente l’ipertensione si distingue in “essenziale” e “secondaria”.
L’ipertensione detta essenziale ha un’origine sconosciuta ed è molto frequente: quasi il 90% degli ipertesi soffre di questo tipo di ipertensione. I fattori che si rivelano importanti nella manifestazione dell’ipertensione essenziale sono certamente numerosi, per esempio l’ereditarietà, la razza, la dieta, il regime di vita, l’età. Spesso l’invecchiamento è accompagnato da ipertensione anche nei soggetti che non hanno mai avuto precedentemente il problema o che addirittura in gioventù avevano il problema opposto.
Si parla di ipertensione secondaria, invece, quando la causa della condizione è nota, e questo si verifica nel 25-30% dei casi. L’ipertensione può essere una conseguenza di patologie endocrine, di difetti enzimatici surrenali, di problemi vascolari.
Una condizione di ipertensione arteriosa necessita assolutamente di un corretto trattamento, con lo scopo di ridurre quanto più possibile il rischio globale di morbilità e mortalità, riportando i valori pressori nel raggio della normalità. Un mancato intervento, infatti, potrebbe compromettere i vasi sanguigni dei cosiddetti “organi bersaglio”, in special modo quelli retinici, cerebrali, coronarici e renali, sia direttamente che in maniera indiretta, favorendo l’insorgenza dell’aterosclerosi (malattia delle arterie caratterizzata dalla formazione di placche sulla superficie interna della parete arteriosa). Il risultato è un aumento del rischio di ictus cerebrale, di emorragie e trombosi retiniche, infarto miocardico, aritmie, scompenso cardiaco, insufficienza renale ed arteriopatia obliterante periferica.
La terapia farmacologica, in relazione alla classificazione dell’ipertensione, è senz’altro il tipo di terapia a cui maggiormente si ricorre, sia perché talvolta è essenziale, sia perché è molto efficace, se seguita con attenzione e costanza.
Tuttavia fondamentale è la modifica dello stile di vita, partendo dalla rimozione dei vizi (sigaretta, caffè, alcool), passando da una sana alimentazione e terminando con un controllo del peso corporeo attraverso una corretta attività fisica.
In assenza di segni di danno a carico degli organi bersaglio, l’attività fisica ricopre un ruolo molto importante in merito all’ipertensione arteriosa; in particolare va incentivata quella di carattere aerobico (camminata, corsa, nuoto, bicicletta, acquagym, step, ecc.), con una frequenza da 3-5 volte alla settimana, una durata variabile dai 20 ai 60 minuti ed uno sforzo muscolare pari al 40-70% del massimo teorico.
I meccanismi alla base della riduzione della pressione arteriosa indotta dall’attività fisica aerobica sembrano legati ad una diminuzione delle resistenze vascolari periferiche e a degli adattamenti strutturali a carico dei vasi sanguigni stessi, con aumento del loro diametro endoluminale.
Per non oltrepassare i limiti “imposti” dalla soglia aerobica e mantenersi dunque sempre entro i confini di un allenamento aerobico, che come abbiamo visto risulta essere quello che maggiormente contrasta l’ipertensione, è bene tenere a mente una semplicissima formuletta che consente di stabilire il parametro indicativo dei battiti cardiaci da non superare: 220 (parametro fisso), meno l’età, per il 70 % della sua frequenza cardiaca massimale. In un soggetto di 50 anni ad esempio: 220 – 50 = (Risultato x 70) / 100= 119 b.c.. 119 battiti cardiaci al minuto è la frequenza cardiaca che tale soggetto deve mantenere per stare in soglia aerobica.
Per assicurarsi di rispettare e mantenere i giusti parametri ci si può munire di un cardiofrequenzimetro, che ad ogni esercizio svolto monitorerà la frequenza cardiaca.
Gli studi epidemiologici hanno da tempo confermato la relazione inversa tra pratica sportiva e livelli pressori. Sia in soggetti normotesi che ipertesi un’attività a modesto impegno cardiovascolare, purché praticata assiduamente, è in grado di sviluppare un significativo effetto ipotensivo. Ad ogni modo è buona norma praticare una completa visita medico-sportiva prima di iniziare una costante attività fisica, per evitare di andare incontro a potenziali rischi che la pratica sportiva può indurre in un soggetto già a rischio come lo è il soggetto iperteso rispetto ai soggetti sani.

 

Giusy Modica
Consulente per la salute con lo sport presso l’Associazione Anas zonale Oreto.
Per informazioni e appuntamenti chiamare al numero 091-336558 dalle ore 9:00 alle ore 13:00.

 

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