Karina, dalla guerra in Ucraina alle ambulanze del 118

“Non riesco più a leggere notizie sull’Ucraina. Kristina, la mia amica, trascorre le giornate a farlo e a piangere: suo marito combatte nel Donbass. A me basta sentire mio marito e sapere che sta bene. Vedere l’orrore che si sta consumando nel mio Paese mi farebbe stare troppo male”.
Dal giardino del Dopolavoro ferroviario di Cagliari, dov’è ospite dell’Associazione I Sardi soccorso, inizia così il racconto di Karina, 35 anni, mamma di una bambina di cinque e originaria di Kharkiv, città dell’Ucraina orientale. Lavorava in un archivio, poi dopo la nascita di sua figlia ha deciso di restare a casa per badare a lei.
Karina, la tua casa è ancora agibile?
“Non so se la mia casa sia stata distrutta durante il conflitto, non ho più saputo nulla a riguardo”.
Kharkiv, infatti, è una tra le prime città ad esser stata colpita, è sotto assedio e, attualmente, non ha energia e acqua da diverse settimane. I bombardamenti incessanti hanno costretto i cittadini a cercare riparo nelle stazioni della metropolitana e negli scantinati. Il 25 marzo è stato bombardato anche un policlinico nel distretto di Osnovyansky, 7 civili sono rimasti feriti e 4 sono morti.
Dall’inizio della guerra, solo a Kharkiv, sono stati uccisi circa 500 civili e distrutti 600 edifici. Dalle immagini satellitari appare come una città in rovina. Circa i due terzi dei residenti nella regione sono scappati verso Dnipro, Poltava, Leopoli o Polonia.
Attualmente, nei pressi di Kharkiv, i militari russi hanno stanziato un convoglio lungo 12 km e sembrerebbe essere pronto all’assalto del Donbass.
Prima della notte tra il 23 e il 24 febbraio ti saresti mai aspettata di dover scappare dal tuo Paese?
“Non mi aspettavo tutto questo. La mattina del 24 febbraio sono stata svegliata dal rumore delle bombe, ho avuto paura e sono scappata. Non avevo tempo per pensare, ho messo nello zaino indumenti e giochi di mia figlia e sono salita in macchina, ero sotto shock”.
Il rumore delle bombe non le ha dato il tempo di pensare, il poco che ha avuto, ha deciso di usarlo per la persona più importante della sua vita: sua figlia.
La sua è la storia di tantissime altre persone che dopo l’invasione russa del 24 febbraio sono state costrette ad abbandonare tutto e scappare, lasciando in Ucraina la loro vita e portando con sé solo uno zaino.
Hai vissuto la guerra in prima persona, sapresti spiegare cos’è?
“Non so spiegare cosa sia la guerra. So solo che ho abbandonato tutto: mio marito, la mia casa, la mia vita.”
Potresti raccontare la fuga da Kharkiv?
“Mio marito, nonostante fosse consapevole che non avrebbe potuto abbandonare il Paese, non ha esitato ad accompagnare me, la piccola e mia madre al sicuro. Inizialmente siamo andate a Poltava, era tranquilla, ma poi la guerra è arrivata anche lì. Abbiamo trascorso alcuni giorni dentro un bunker e poi abbiamo raggiunto il confine polacco. Restare in Ucraina era troppo pericoloso. Lui, invece, è restato a Poltava e fa il volontario”.
Dopo l’invasione russa, il governo ucraino ha introdotto la legge marziale e le leggi ordinariamente in vigore sono state sospese e i tribunali militari hanno preso il controllo dell’amministrazione della giustizia. È stata approvata la chiamata alle armi obbligatoria per gli uomini d’età compresa tra i 18 e i 60 anni e per i disertori è prevista una pena che va da 5 a 12 anni di reclusione.
Fortunatamente, però, il marito di Karina non sa usare le armi e non verrà chiamato a combattere.
Dalla Polonia come hai raggiunto l’Italia? Racconta…
“Dal confine tra Polonia e Ucraina con mia madre e mia figlia abbiamo raggiunto l’Italia grazie a un corridoio umanitario organizzato dall’associazione ANAS”
ANAS è una rete del terzo settore che sin da subito si è mobilitata per fornire un aiuto concreto, organizzando ben 5 missioni umanitarie. Hanno coordinato raccolte di farmaci e viveri per poi portarli direttamente in Ucraina e hanno dato la possibilità a più di 500 persone di raggiungere l’Italia in sicurezza.
Il contributo dei volontari sardi soccorso ANAS e delle persone che hanno effettuato le donazioni sono stati di fondamentale importanza per aiutare queste persone che, da un giorno all’altro, hanno perso tutto.
Vi trovate bene in Sardegna?
“Attualmente io, mia madre e mia figlia viviamo a Cagliari. Ci troviamo molto bene. Le persone che ci accolgono sono amorevoli, ma non è come stare a casa. Per me, casa sarà per sempre Kharkiv. L’associazione ANAS mi ha dato l’opportunità di frequentare un corso per diventare soccorritrice del 118. Per me, è un’opportunità importante ed è molto bello trascorrere le giornate con le stesse persone che hanno salvato la nostra vita. La piccola gioca senza avere paura delle bombe e questo, per una bambina di 5 anni che ha visto con i propri occhi la guerra, è già tanto. Se sente rumori molto forti, ancora si spaventa, li associa subito alla guerra.”
I soccorritori sardi ANAS hanno deciso di non lasciarla sola e di costruire con lei una nuova vita.
Nel futuro vorresti tornare in Ucraina?
“Mia figlia dice di voler stare qui, le fanno tantissimi regali ed è pieno di cioccolati e lei li ama. Io, invece, non nego che vorrei tornare in Ucraina, ma chissà se al termine della guerra ci saranno le condizioni per poter garantire una bella vita a mia figlia”.
Si è resa conto che la vita può cambiare da un momento all’altro e per lei, ora, l’importante è che sua figlia sia in salvo.

Victoria Atzori

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