Il reato di stalking

Con la parola anglosassone stalking (letteralmente, “fare la posta”) si è soliti qualificare comportamenti di tipo persecutorio, realizzati dal soggetto persecutore nei confronti della sua vittima: si tratta di un insieme di condotte vessatorie, sotto forma di minaccia, molestia, atti lesivi continuati e tali da indurre nella persona che le subisce un disagio psichico e fisico e un ragionevole senso di timore.

Il reato di stalking è entrato a far parte dell’ordinamento penale italiano mediante il d.l. n. 11/2009 (convertito dalla l. n. 38/2009) che ha introdotto all’art. 612-bis c.p., il reato di “atti persecutori”, il quale punisce chiunque “con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.

Lo stalking non è un fenomeno omogeneo perché non è possibile ricostruire un modello di condotta tipica; nel 70/80% dei casi i comportamenti assillanti provengono da uomini, solitamente partner o ex partner della vittima ma talvolta possono essere anche collaboratori, amici o conoscenti e non per forza deve presentare precedenti penali o disturbi mentali, come si potrebbe pensare.

Al di là delle modalità specifiche che contraddistinguono i singoli episodi di persecuzione, in genere, il reato si realizza attraverso la combinazione di più azioni moleste: potrebbe, infatti, realizzarsi tramite il sorvegliare, l’inseguire, l’aspettare, il raccogliere informazioni sulla vittima, il seguire i suoi movimenti, o attraverso le intrusioni, gli appostamenti sotto casa o sul luogo di lavoro, i pedinamenti e i tentativi di comunicazione e di contatto di vario tipo; costituisce stalking anche la diffusione di dichiarazioni diffamatorie ed oltraggiose a carico della vittima, ed, ancora, la minaccia di violenza, non solo nei suoi confronti, ma anche rispetto ai suoi familiari, ad altre persone vicine o contro animali che le siano cari.

In genere, quel che contraddistingue le molestie assillanti è un’ossessione dinamica, in continua crescita, alimentata dalla continua esigenza dello stalker di soddisfare le proprie emozioni, i propri impulsi e desideri con stimoli crescenti, sempre nuovi, volti al proprio appagamento.

La legge ha voluto tutelare l’incolumità individuale nell’ipotesi in cui tali minacce mettano in pericolo l’integrità psico–fisica del soggetto offeso: non deve verificarsi un danno alla salute sotto il profilo del danno biologico, ma è sufficiente che si verifichi una alterazione del normale equilibrio psico–fisico della persona offesa anche senza sfociare in una vera e propria patologia. Per la consumazione del reato occorre, infatti, dimostrare l’effetto che la condotta dell’aggressore ha avuto sulla vittima, che può essere di tre tipi:

  • un procurato “perdurante e grave stato di ansia e di paura”;
  • un ingenerato “fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da relazione affettiva”;
  • una alterazione delle proprie abitudini di vita.

Si sono sviluppati molti studi sul fenomeno dello stalking che hanno distinto due categorie attraverso le quali lo stesso si può attuare:

  • comunicazioni intrusive e persecutorie che si attuano con l’ausilio di strumenti come telefono, lettere, sms , e-mail o persino graffiti e murales;
  • contatti che possono essere attuati sia attraverso comportamenti di controllo (pedinamento) sia mediante il confronto diretto (visite sotto casa o sul posto di lavoro)

Il limite tra un corteggiamento fastidioso e lo stalking è molto sottile e le due tipologie in genere si trovano in forma mista e, il più delle volte, alla prima segue la seconda.

Per il reato di stalking la legge prevede una sanzione della reclusione da un minimo di sei mesi ad un massimo di quattro anni. Inoltre se il reato viene commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva, il legislatore ha previsto l’aumento della pena. Se il reato è commesso contro un minore o un soggetto diversamente abile o una donna in stato di gravidanza, o se è commesso da chi abbia già ricevuto l’ammonimento da parte del Questore, il giudice potrebbe condannare l’imputato ad una pena aumentata fino alla metà rispetto alla pena base. Il reato è punibile a querela dell’interessato e deve essere proposta entro sei mesi. E’ possibile, prima della proposizione della querela, chiedere al Questore un provvedimento di “ammonimento” contro il molestatore.

 

Valentina G.

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