Il doping

Il termine doping indica l’uso di farmaci o sostanze farmacologicamente attive, non giustificato da uno stato di malattia, assunti per alterare le condizioni fisiologiche e psicofisiche dell’organismo e migliorare così le doping1prestazioni agonistiche.
Sono classificati come doping altri metodi proibiti (ad es. doping ematico) o manipolazioni dei campioni biologici (sangue, urine, ecc.) utilizzati per il controllo.
Il doping contravviene all’etica dello sport e rappresenta un pericolo acuto o cronico per la salute dell’atleta, con possibili conseguenze fatali.
È riconosciuta come truffa sportiva anche il solo fatto di utilizzare farmaci che attenuino il dolore o una patologia infiammatoria presente nell’atleta per consentirgli di prendere parte ad una competizione.
Il doping è un atto sportivo illecito; esso costituisce un vantaggio acquisito slealmente.
Lo spirito sportivo autentico si basa sull’esercizio della volontà, sul sacrificio e sulla costanza dell’ allenamento.
La pratica del doping ha origini molto antiche; già i greci e i romani facevano, infatti, uso di sostanze estratte da piante, funghi o semi ritenuti capaci di migliorare le prestazioni agonistiche.
Da sempre, dunque, quando lo sport perde il proprio carattere ludico-ricreativo alla ricerca esclusiva della performance, come spesso accade nel professionismo, la necessità di incrementare il rendimento atletico alimenta prepotentemente l’insidia del doping.
Nel ventesimo secolo gli interessi economici legati allo sport diventarono sempre più esasperati: lo sport risultò un vero affare per chi lo gestiva e per chi lo praticava con successo. Da allora il fenomeno del doping prese vita in modo massiccio.
Nel 1968, alle Olimpiadi di Città del Messico, il CIO(Comitato Olimpico Internazionale) rese ufficiale la prima lista di sostanze proibite; nel 1971 pubblicò una lista dettagliata dei farmaci e delle sostanze non utilizzabili dagli atleti, che con continue rettifiche e aggiornamenti è tuttora in vigore.
Negli anni Ottanta lo sviluppo delle tecniche dì laboratorio contribuì a incrementare i tipi e la frequenza dei test antidoping. Questi provvedimenti non furono sufficienti a bloccare il fenomeno: le sostanze dopanti venivano assunte dagli atleti lontano dal periodo di competizione e dai relativi controlli antidoping.
Si diffuse via via il doping ematico, ossia la somministrazione di globuli rossi, oppure di sostanze artificiali, per migliorare il trasporto di ossigeno (pratica oggi vietata in tutte le sue forme perché può provocare gravi danni cardio-circolatori).
Nel corso degli anni Ottanta ebbero grande diffusione anche gli steroidi anabolizzanti, in grado di far aumentare la massa muscolare, ma accusati di causare tumori e impotenza.
Oggi l’attenzione verso il doping è aumentata. Nell’ultimo decennio molte inchieste hanno, infatti, reso noto come anche lo sport amatoriale, dove i controlli non possono essere effettuati, sia pericolosamente coinvolto nel fenomeno.
Una politica antidoping, basata sul solo fondamento della tutela della salute, non è più sufficiente. È necessario agire in modo incisivo per mezzo della prevenzione e della perseguibilità penale.
Le pratiche dopanti sono molteplici e divisibili in 5 diverse categorie: stimolanti, narcotici e analgesici, steroidi anabolizzanti, diuretici, ormoni peptidici e/o sostanze ad azione mimetica e/o analoghi.
– Stimolanti: anfetamine, caffeina, efedrina, ecc..
Vengono utilizzati perché favoriscono l’irrorazione sanguigna dei muscoli scheletrici, fanno aumentare la concentrazione, l’aggressività e lo spirito agonistico, migliorano la resistenza allo sforzo e riducono la sensazione di stanchezza.
Gli effetti collaterali di queste sostanze, che danno dipendenza e assuefazione (cioè inducono ad aumentare la dose), sono a carico del sistema nervoso.
– Narcotici e analgesici: morfina, eroina, metadone, ecc..
Riducono le sensazioni di dolore e danno un temporaneo stato di euforia.
L’effetto più grave di queste sostanze è la tossicodipendenza; altre conseguenze sono disturbi gastrointestinali, vertigini, sonnolenza e difficoltà respiratorie.
– Steroidi anabolizzanti: nandrolone, ossandrolone, deidroepiandrosterone.
Incrementano la massa muscolare e la forza.
Tra gli effetti collaterali, in particolare tra i giovani, vi sono danni a carico dell’apparato sessuale, a carico del normale processo di crescita e danni dì tipo psicologico. Nelle donne, invece l’effetto più vistoso è la virilizzazione, per cui le atlete perdono i tratti della femminilità.
– Diuretici: farmaci che favoriscono l’eliminazione di liquidi attraverso la diuresi.
Permettono di far rientrare velocemente i valori nei limiti imposti.
Provocano grave disidratazione e difficoltà nella termoregolazione.
– Ormoni peptidicì, sostanze ad azione mimetica e analoghi: sostanze naturali che hanno la funzione di messaggeri all’interno dell’organismo, per indurre la produzione di altri ormoni (GH, EPO).
Determinano un aumento abnorme dello scheletro; l’utilizzo nello sport è considerato amorale e pericoloso.
Pare evidente come ricorrere al doping, e dunque far uso indiscriminato di farmaci, provochi rilevanti danni all’organismo. Alcuni organi subiscono danni spesso irreversibili; nei casi più gravi sopraggiunge anche la morte, a volte dopo anni trascorsi dall’uso del farmaco.
I farmaci devono essere usati solo per far fronte alle malattie e non per migliorare l’efficienza fisica .
Il vero successo nella lotta contro il doping dipende solo dal singolo atleta. A nulla servono doti atletiche senza cuore e intelligenza. Fama e successo possono arrivare solo dopo lunghi sacrifici, ma la strada percorsa è una strada sicura anche se non facile, al contrario di altre apparentemente più brevi, ma che nascondono insidie che possono segnare per tutta la vita.

Giusy Modica
Consulente per la salute con lo sport presso l’Associazione Anas zonale Oreto.
Per informazioni e appuntamenti chiamare al numero 091-336558 dalle ore 9:00 alle ore 13:00.

 

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