Ogni anno 1/3 del cibo del mondo viene sprecato senza arrivare neanche a tavola: perché va a male in azienda, si perde, diventa immangiabile durante la distribuzione o viene gettato via nei negozi alimentari al dettaglio, ristoranti e cucine.
A quanto riportato dal WWF, si tratta di circa 4 volte la quantità di cibo necessaria a sfamare le quasi 800 milioni di persone sul pianeta che sono denutrite.
Lo spreco di alimenti in Italia ha un costo di 360 euro all’anno per ogni famiglia; poi, tra perdite in campo, sprechi dell’industria e della distribuzione si superano i 15 miliardi.
È possibile distinguere tra due tipologie di spreco di cibo:
- Food losses: ossia le perdite che si determinano a monte della filiera agroalimentare, principalmente in fase di semina, coltivazione, raccolta, trattamento, conservazione e prima trasformazione agricola.
- Food waste: ossia gli sprechi che avvengono durante la trasformazione industriale, la distribuzione e il consumo finale.
Le perdite e gli sprechi di cibo avvengono a diversi livelli del percorso dalla produzione al consumo finale: possono verificarsi a livello di produzione e raccolto, a causa di intemperie, di malattie o infestazioni, o a causa di difetti nel sistema di coltivazione o trasporto. Può verificarsi, invece, durante la trasformazione dei prodotti, che produce gli scarti della produzione alimentare: gli scarti possono anche avvenire nella fase di distribuzione all’ingrosso, dove il cibo resta invenduto perché non corrisponde ai canoni estetici dei compratori. La ristorazione e il consumo domestico, in ultimo, creano scarti alimentari a causa delle porzioni eccessive, della mancata consumazione degli alimenti entro la data di scadenza e di difficoltà ad interpretare l’etichetta e le indicazioni relative alla consumazione.
Lo spreco alimentare è un fenomeno che pone interrogativi sugli squilibri di consumo nel mondo e sulla disparità sociale tra chi spreca e chi non ha da mangiare. La FAO indica che sono 222 milioni le tonnellate di cibo buttato nei Paesi industrializzati, una cifra pari alla produzione alimentare dell’Africa Subsahariana.
A livello europeo si sprecano in media 180 kg di cibo pro-capite all’anno; il 42% di questo spreco avviene a livello domestico. Fra i paesi più capaci di combattere lo spreco alimentare figurano: Francia, Australia e Sudafrica; l’Italia, grazie alla recente legge contro lo spreco alimentare approvata nel 2016, appare tra le realtà che stanno facendo i passi avanti più importanti. L’Italia ottiene il massimo punteggio su alcuni indicatori, come quello relativo alle “politiche messe in campo per rispondere allo spreco di cibo ” (100 su 100); sui punti da migliorare, invece, molto deve essere fatto per quanto riguarda lo “spreco domestico ”, ossia quello del consumatore finale (29 punti su 100), che arriva a gettare una medi di 110,5 Kg di cibo all’anno. Lo spreco alimentare in Italia è stato per troppo tempo sottostimato, le prime documentazioni sullo spreco di cibo in Italia sono relativamente recenti; è stata la crisi economica globale a puntare la lente d’ingrandimento sugli sprechi alimentari cercando di ottimizzare al meglio l’impiego di risorse su tutti i fronti.
Tra i paesi dove si spreca più cibo, maglia nera all’Arabia Saudita (427 kg per persona l’anno), seguita dall’Indonesia (300 kg) e dagli Emirati Arabi (169 kg).
Valentina G.