Non solo un film: Colonia Dignidad e il Cile degli anni ‘70

Lo scorso Maggio uscì al cinema il film “Colonia”: si tratta di un thriller politico sul colpo di stato militare cileno avvenuto nel 1973 e mette a fuoco uno dei momenti più bui della storia cilena con l’avvento della dittatura di Augusto Pinochet, che durò fino al 1990.

Attraverso il racconto inventato di una storia d’amore tra due giovani tedeschi, viene descritto il dramma reale subito da migliaia di ragazzi, divenuti tristemente noti con l’appellativo di “desaparecidos perché oppositori politici.

Ma “Colonia Dignidad”, non è una fantasia.

E’ reale. E’ la storia di un piccolo, dimenticato villaggio cileno, a 350 chilometri dalla capitale Santiago e fondato nel 1961, che solo dopo il golpe del generale Augusto Pinochet e la violenta defenestrazione del legittimo presidente Salvador Allende, diventa operativo.

Colonia Dignidad è una setta parareligiosa governata da un santone, Paul Schäfer, su basi di regole crudeli e inesorabili.

La storia è basata su eventi realmente accaduti ambientata durante uno dei capitoli più oscuri della Guerra Fredda, ed il film riesce a rendere perfettamente l’atmosfera di violenza e paura del Cile degli anni ’70.

La Colonia fu, soprattutto, un covo di nazisti che trovarono aiuto nel regime di Pinochet e che trasformarono la valle in un lager per gli oppositori: divenne la prigione perfetta dove relegare i dissidenti politici, avversari del dittatore; in quella piccola autonoma repubblica chi ha potere di vita e di morte è Schäfer, che prosegue come nulla fosse il suo mestiere di boia: tutto è lecito al fine di punire quelli contrari al governo del dittatore.

La CIA ha presentato un’ampia documentazione che testimonia come Josef Mengele, noto per la sua sperimentazione umana nei campi di concentramento durante l’Olocausto, abbia vissuto nella colonia.

Nel momento del suo massimo sviluppo, Colonia, ospitava circa 300 residenti tra tedeschi e cileni, distribuiti su una superficie di 137 chilometri quadrati. Le principali attività economiche erano legate all’agricoltura; la colonia ospitava una scuola, un ospedale, due piste di atterraggio, un ristorante e una centrale energetica. Il villaggio, circondato da una barriera elettrificata con torri di osservazione e proiettori di ricerca, era difeso da armi di vario genere tra cui un carro armato. Tv, giornali, radio e calendari erano assolutamente proibiti: i trasgressori subivano un processo di fronte alla comunità e le pene erano corporali. Il condannato veniva privato del cibo e in casi di recidiva veniva trattato con psicofarmaci per fiaccarne la volontà, ma molto frequente era la pratica dell’elettroshock per cui moltissimi prigionieri morirono e furono sepolti in fosse comuni.

Alcune persone che lasciarono la colonia asserirono che ai residenti non era permesso lasciare la colonia e che erano segregati per sesso: dovevano lavorare indossando vestiti di foggia bavarese e cantare canzoni in tedesco. Il sesso era bandito e alcuni residenti erano forzati a prendere farmaci che riducevano il desiderio. Soltanto Schäfer aveva diritto al suo inconfessato, ma noto a molti, paradiso sessuale: quei bambini che convocava nelle sue stanze, a turno, per violentarli dopo averli sedati e di cui controllava con paranoia il comportamento.

Dell’esistenza (e degli orrori) di Colonia Dignidad si comincia a sapere grazie alle denunce di Amnesty International, nel 1977, e agli articoli di giornale usciti sul Washington Post nel 1980; in molti paesi dell’Occidente la notizia di questa città-lager, indigna ma, tuttavia, non accade nulla.

Pinochet regala, oltre al divieto di estradizione, un elicottero da guerra e i diritti di sfruttamento di un giacimento di titanio; Schäfer ringrazia concedendogli la cittadinanza onoraria. Il favore del generale cileno non basta a giustificare i mille e più miliardi che costituiscono il patrimonio dei 300 contadini tedeschi. I soldi, dicono le inchieste insabbiate nel corso degli anni, vengono da misteriosi conti europei. Forse l’oro delle vittime dei lager nazisti passato per la Svizzera.

Nel 1990 Pinochet lascia il potere a furor di popolo e Paul Schäfer fugge in Argentina; solo nel 2004 viene arrestato e condannato a 33 anni di carcere: nulla rispetto alle migliaia di capi d’accusa, di cui è ritenuto responsabile. Muore in prigione a Santiago nel 2010.

Tra le migliaia di desaparecidos, anche 26 italiani per i quali il nostro Paese ha chiesto giustizia al termine di un’indagine condotta dall’ex procuratore Giancarlo Capaldo.

Colonia Dignidad, oggi conosciuta come Villa Baviera, è un villaggio posto a 35 km a sud-est di Parral, Provincia di Linares, nella regione del Maule; è diventata una sorta di villaggio turistico grazie al piano di modernizzazione dell’attuale leader Peter Müller, che ha aperto la colonia e ha permesso ai più giovani di uscire dal paese per andare a studiare altrove. Il 26 agosto 2005 le autorità locali hanno preso controllo della zona e delle proprietà in relazione all’investigazione sui leader precedenti; da quel momento la gestione è stata affidata a un avvocato di Stato. Oggi si contano circa 120 abitanti.

Villa Baviera è un’azienda avicola e forestale, laboratorio di strudel e pane che rifornisce i centri commerciali più esclusivi di Santiago; è un albergo con tetti spioventi in mezzo a un gigantesco parco, sentieri per ciclisti e ristorante, ma le ombre del passato sono troppo lunghe per essere spazzate in pochi anni, e permeano di sé la vita degli abitanti e i luoghi…per quanta volontà vi abbiano messo nel cambiarli.

Fredrich Paul Heller, autore di due libri sulla Colonia Dignidad, è sicuro che dietro questa vicenda si nascondano segreti ancora più importanti e dal risvolto inquietante, contenuti negli oltre 40 archivi venuti alla luce nel 2005 insieme a un enorme quantitativo di armi, tra cui lanciamissili, esplosivi e sostanze chimiche. Archivi che il governo cileno, dichiarò “segreto di Stato”. Heller è sicuro, grazie a testimonianze raccolte, che si tratta di qualcosa che coinvolge anche i servizi segreti tedeschi e che ha a che fare con le armi, che secondo lui facevano parte del progetto segreto di difesa che prevedeva anche la produzione di grandi quantità di gas Sarin e probabilmente di ordigni nucleari: il tutto nella possibilità di una guerra contro l’Argentina. La Colonia ha, quindi, funzionato anche come base clandestina per la preparazione di armi non convenzionali che sarebbero state usate in caso di conflitto, dal momento che Augusto Pinochet era consapevole della debolezza militare del suo esercito.

Per molti anni il governo tedesco e i suoi diplomatici fecero finta di non sapere ciò che accadeva in quella comunità di cittadini tedeschi, mentre ora, con lo scandalo e le rimostranze mostrate in seguito all’uscita del film, la Germania ha deciso di togliere il segreto di Stato sui dossier relativi alla città-lager di Colonia Dignidad. Il governo Merkel ha annunciato che renderà accessibili in anticipo i documenti sulla storia del villaggio: dossier che sarebbero dovuti restare inaccessibili ancora per dieci anni, dossier con su stampata la dicitura «segretissimo».

Colonia è indubbiamente un film che fa riflettere, smuove le coscienze di tutti su tutte quelle storie più riprovevoli, quelle che indignano maggiormente, quelle di cui ci si vergogna, che troppo spesso vengono taciute. Al contrario bisognerebbe ricordarle e raccontarle, nonostante sia difficile spiegare le ragioni perché siano accadute.

 

Valentina G.

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