Lettera aperte del Presidente dell’Associazione SO.CRE, PALERMO M. LI MULI

maurizio li muli anasQualche giorno fa è stato pubblicato il rapporto del Censis dal titolo “Salvare il Sociale”.

Il rapporto fotografa lo stato delle politiche sociali in Italia e la fotografia, purtroppo, continua ad essere in bianco e nero. Infatti le risorse dello Stato per il sociale si continuano a ridurre, anzi, sono proprio in “picchiata” e nella assenza quasi totale dello Stato,  a presidiare il settore, sono rimaste unicamente le organizzazioni del terzo settore. Come dice il Presidente del Censis De Rita: “Oggi il sociale si destruttura e la spesa diventa sempre più meschina“.

Di fatto in Italia stiamo assistendo all’esplosione di una specie di sussidiarietà di massa per coprire i bisogni sociali non più garantiti dallo Stato, bisogni che, in assenza di questo, sono garantiti dalle famiglie e dalla spesa privata che aumenta in maniera incredibile: “aumenta l’impegno familiare ed aumentano le spese“. In questo quadro allarmante c’è anche una continua e maggiore richiesta di servizi ai Comuni a cui gli stessi non possono fare fronte costretti, anche loro, nei limiti dei loro disastrosi bilanci;  resta, pertanto, come ultima sponda il privato sociale.

I dati del Censis parlano chiaro, le azioni degli ultimi Governi italiani, che ricordiamo essere dettate dalla troika Europea e basate sostanzialmente sulla riduzione dei diritti sociali hanno fatto si che i due Fondi, quello per le Politiche sociali e quello per l’autosufficienza, hanno visto un rilevante ridimensionamento; il primo da 1,6 miliardi di euro nel 2007,  è sceso  a soli 43 milioni nel 2012 per recuperare in parte a 297 milioni nel 2014, cifra ridicola a fronte delle reali necessità. Va anche peggio al secondo fondo, quello sulla non autosufficienza, che nel 2010 prevedeva 400 milioni, azzerato completamente nel 2012 dal Governo Monti, per risalire a 350 nell’ultimo anno con Renzi.

In questo quadro disastroso il Censis rileva anche un dato che  noi conosciamo benissimo e cioè che continua ad esserci una sperequazione evidente tra Nord e Sud Italia. Se in un Comune del nord la spesa sociale è mediamente di 159 euro pro-capite con punte di 282 euro per abitante nella provincia di Trento, al Sud scendiamo alle punte minime di 25/30 euro per abitante della Calabria e Sicilia. Il punto è che questa spesa sociale ridottissima si perde altresì in tanti rivoli che non riescono, nemmeno lontanamente, ad incidere sul problema. È sotto i ns occhi ogni giorno la fila di persone che presso gli uffici comunali richiedono interventi sociali, comunque ininfluenti: il buono casa, l’assegno per i nuovi nati, il contributo luce e gas, tutte misure che si perdono nel mare delle innumerevoli richieste e che di fatto incidono poco rispetto le reali esigenze delle famiglie; basterebbe un esempio dell’inutilità di questi singoli interventi, il caso del Comune Palermo che ha distribuito alle circa 6.000 famiglie che ne avevano fatto richiesta un contributo affitto pari a 35 euro annui o come dimenticare il bonus luce e gas che riescono a malapena a coprire una singola bolletta. A farsi carico di questa situazione drammatica purtroppo non è più lo Stato anzi quest’ultimo, con le scelte derivanti dalle politiche economiche neoliberiste, ha  prodotto nuove situazioni di emergenza, pensiamo ad esempio a quei soggetti che hanno perso il lavoro e che, lontanissimi dalla pensione, diventano “dipendenti” dalle attività caritatevoli.

 

I dati, ad esempio, su cui la Sicilia sta mettendo a punto una azione di contrasto  mostrano che  quasi un milione di persone si trovano in condizioni di povertà assoluta. Segnale questo che la crisi, con la perdita di posti di lavoro, ha colpito la Sicilia in modo drammatico se poi pensiamo che i disoccupati sono molti di più: un milione e 49 mila, comprendiamo l’ampiezza del problema.

Su questo capitolo la Regione Sicilia ha destinato circa 6 milioni di euro per progetti rivolti a persone: senza fissa dimora, in condizioni di solitudine, povertà, e grave emarginazione; nuclei familiari in situazione di marginalità sociale, immigrati residenti in Sicilia e in condizione di fragilità sociale. Ad ottenere  i fondi sono state associazioni di promozione sociale, fondazioni, cooperative sociali ed enti ecclesiastici, queste potranno  fornire  pasti e vestiti, libri e attrezzature per la casa, servizi per l’igiene e assistenza alle persone.  E’ un passo avanti, ma abbiamo paura che da un lato sia troppo poco e che dall’altro la frammentarietà degli enti gestori e dei progetti possa favorire ancora una volta i “professionisti del sociale”.

In questo desolante panorama, soprattutto nel Sud persiste, fortunatamente, la figura del care giver, delle famiglie che sono chiamate sempre più ad un ruolo fondamentale di supplenza, in mancanza dello Stato. Pensiamo ad esempio quanto sia residuale ormai la quota  di disabili gravi che riceve aiuto dal soggetto pubblico o privato sociale, pagato da pubblico.  Le famiglie fanno da sé, chi può tramite il fenomeno delle “badanti”,  in nessuna parte d’Europa cosi esteso come in Italia, o direttamente quando in famiglia non c’ê neppure questa disponibilità economica.

In questo quadro sconfortante rientra la necessita di una nuova Legge sul Terzo settore, che purtroppo è arenata in Senato, una Legge di riordino necessaria che chiarisca bene i compiti di questo variegato mondo, che ne riconosca il valore e al contempo ne preveda rigidi controlli affinché non diventi preda di arrampicatori politici o malfattori del sociale. Sono continue le denunce ormai in tutta Italia, sono quotidiani gli scandali,  dalle cooperative che  lucrano sui Centri per l’accoglienza, a quelle “associazioni” che lucrano sulla gestione dei banchi alimentari , quasi sempre in mano a politici locali senza scrupoli che acquisiscono cosi potenziali pacchetti di voti per rivenderli alla prima occasione. E laddove le cose sembrano funzionare, basta un approfondimento, per scoprire nuovi scandali, ultimo esempio le Associazioni Onlus che gestiscono milioni di euro e che non presentano veri e propri bilanci e non sono soggette agli stessi controlli delle aziende private; è il caso, ad esempio, dell’Aias di Palermo una Onlus che gestisce più di 5 milioni di euro annui di prestazioni pubbliche nel campo dell’assistenza ai disabili  e che veniva amministrata da un Presidente che, leggiamo dai giornali, presentava rimborsi chilometrici per 200 mila euro annui.

È concepibile una Onlus, Organizzazione non lucrativa di utilità sociale, un organismo di volontariato che gestisce appalti e cifre cosi alti? Noi crediamo di no e per questo riteniamo che una nuova Legge sul Terso settore sia urgente.

Restiamo convinti che il reddito di cittadinanza sia la risposta migliore, elimina tutti questi rivoli di intervento e si controlla di più e meglio  la spesa  sociale ma per fare ciò è necessario cambiare paradigma, bisogna che un  Governo “illuminato” ,  cambi e rilanci la spesa sociale, soprattutto al Sud.

Al contempo crediamo necessario ricostruire un tessuto comunitario, delle reti locali, con l’aiuto del Terzo settore, rinnovato e rinformato, dando vita ad esempio a Fondazioni di Comunità, di quartiere e/o di Circoscrizione che possano conoscere, gestire e controllare tutti gli interventi.

Queste sono le  premesse necessarie affinché ci sia nel ns Paese una  ricostruzione  di un welfare efficace ed efficiente,  soprattutto al Sud, un welfare che crei (posti asilo, scuola, formazione, che dia assistenza domiciliare, centri educativi) e che potrà consentire di preparare il terreno per un rilancio dell’economia e della politica. Insomma bisogna ripartire dagli ultimi, dal sociale per ricostruire l’Italia.

Assodato che  è finita “l’ubriacatura della rottamazione”, che ha continuato a porre in essere  le stesse politiche neoliberiste imposte dai tecnocrati europei; è arrivato il momento per pensare a ricostruire.

 

Maurizio Li Muli

Presidente So.Crem Palermo

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