L’ACQUA: RISORSA GEOPOLITICA E GEOSTRATEGICA

La Carta Europea dell’Acqua enuncia dei principi a cui il legislatore dovrebbe ispirarsi. L’articolo 1 dice: “non c’è vita senza acqua. l’acqua è un bene prezioso, indispensabile a tutte le attività umane.”

Essa rappresenta una risorsa particolare: rinnovabile, ma non incrementabile e non sostituibile. Attualmente sul nostro pianeta c’è la stessa quantità di acqua che c’era in epoca preistorica, oggi però rispetto ad allora ci sono molte più persone e quindi l’esigenza di nutrire la popolazione mondiale  è maggiore.

L’acqua diventerà in questo nuovo millennio la vera posta in gioco.

Il presidente Kennedy nel 1960 sosteneva che chi avesse risolto il problema dell’acqua avrebbe dovuto ricevere due premi Nobel,  uno per la scienza e uno per la pace.  Nel 1995 il presidente della Banca mondiale  dichiarava che “le guerre del prossimo secolo saranno combattute per l’acqua“.

Nasce così il dibattito politico sulla gestione delle risorse idriche: a chi appartiene l’acqua? Essa appartiene alla natura ma è compito dell’umanità  garantirne l’accesso e l’utilizzo nel rispetto di tutti. L’acqua non rispetta i confini nazionali infatti il 40% della popolazione dipende da sistemi fluviali che appartengono o che sono comuni a due o più paesi. Ovunque succede che vi siano laghi o corsi fluviali a cavallo tra due o più Stati e in queste condizioni lo sfruttamento idrico che se ne fa a monte può condizionarne quello a  valle e questo aumenta il rischio di tensioni. Spesso i governi non si rendono conto che è necessario avviare delle procedure di cooperazione affinché il rischio di conflitti sia contenuto.

La supremazia statale passa anche dalla sovranità sui corsi d’acqua. Le risorse naturali sono un punto sensibile per la gestione del potere degli imperi; come il caso della Russia post-sovietica che grazie al petrolio e al gas è riuscita a dare nuova linfa alla sua economia statale e conseguentemente alla sua azione politica internazionale.

 

Quindi l’importanza di gestire le risorse va oltre la necessità strutturale e questo vale per il petrolio, per il gas come anche per l’acqua. La gestione delle risorse è un’arma di geopolitica  e geostrategica. Quando pensiamo alla difficoltà di accesso ad essa  capiamo che diviene una risorsa fondamentale. Inoltre l’aumento della popolazione, l’urbanizzazione che ha portato alla crescita delle città trasformatisi in metropoli con più di 20 milioni di abitanti, i sistemi industriali e l’agricoltura e  non ultimi anche i Paesi in Via di Sviluppo che richiedono  maggiori quantità d’acqua ci fa capire che il problema diventa sempre più preoccupante. I corsi d’acqua infatti stanno aumentando la componente salina e ciò comporta un danno non solo alle persone ma anche all’agricoltura. Alcuni corsi d’acqua attraversano più Stati i quali spesso richiedono maggiori quantità d’acqua rispetto al passato per le mutate condizioni politiche interne perché cercano una nuova via di sviluppo economico attraverso agricoltura e industria. Attualmente vi è la tendenza alla privatizzazione dell’acqua anche nei Paesi in Via di Sviluppo. Le proteste sull’acqua potrebbero modellare gli scenari geopolitici ed economici futuri e ciò dipenderà anche dal fatto che nel 2100   almeno un miliardo di persone sarà senza acqua e che la produzione di grano, mais e riso crollerà del 2% l’anno ogni 10 anni per problemi legati alla crisi idrica. I cambiamenti climatici potrebbero modificare la geografia umana e di conseguenza la geopolitica. Le ondate migratorie in questo caso potrebbero avere riflessi sulla sicurezza aumentando rischi di conflitti violenti, guerre civili e proteste violente.

 

Il contesto mediorientale è uno di quelli maggiormente a rischio dove alcuni fiumi sono fondamentali per la gestione dei quei territori. Ad esempio la gestione del bacino del Nilo è una delle questioni più importanti. Attraversa nove paesi e ognuno di questi richiede sempre maggiori quantità d’acqua creando chiaramente problemi con altri Stati vicini. Questo vale anche per il fiume Giordano necessario per l’approvvigionamento dei territori che attraversa. Anche nell’area che oggi è controllata dallo Stato Islamico vi sono il Tigri e l’Eufrate; e ancora una volta nella storia tornano a far parlare di sé, anche se in mutati contesti, ma sempre per la loro importanza politica e strategica. Attualmente la Mesopotamia vede la presenza del Califfato Islamico concentrato nel bacino dei due corsi d’acqua, nella parte in cui si incontrano e dove un tempo fioriva l’agricoltura. Questi fiumi nascono dalla Turchia e si incontrano nei pressi di Bagdad per proseguire verso le cosiddette paludi salmastre dove vivono popolazioni di religione sciita. Questi corsi d’acqua hanno subito una riduzione  dei loro flussi a causa della costruzione di numerose dighe per la richiesta sempre più alta di energia elettrica, dighe costruite in Turchia in Siria e Iraq. Il problema diventa sempre più delicato a causa del fatto che la siccità sul territorio è aumentata nell’ultimo decennio.

 

In questo contesto anche il Kurdistan iracheno che si trova a nord e dello Stato Islamico ha cercato di dettare le sue regole imponendo il pagamento delle tasse alla popolazione locale per lo sfruttamento dell’acqua per utilizzare poi i proventi per le sue strategie politiche , militari e terroristiche. Inoltre la popolazione è stata forzata a pagare le imposte su ricatto della restrizione dell’acqua e dell’energia elettrica e minaccia di far saltare le dighe creando un disastro ecologico ed economico pesante. In tutto ciò la Turchia sembra avere rafforzato la propria influenza sullo sfruttamento dell’acqua mentre la Siria sembra essere quasi assente.

Attualmente si sta combattendo una guerra che in realtà avvantaggia i terroristi dello Stato Islamico. Infatti il casus belli non riguarda solo il petrolio ma anche l’acqua; sono tutti contro Daesh ma in realtà nessuno vuole cooperare con gli altri e cedere un pò della propria sovranità e ciò va a favore dello Stato Islamico .

 

Da un punto di vista economico nel momento in cui l’acqua viene trasformata in servizio questa diventa un bene commerciale ed ha un suo prezzo. Attualmente sono poche le grandi imprese come la francese Suez -Ondeo e Vivendi Universal che si sono accaparrate questa risorsa grazie al fatto di essere stati appoggiati daiacqua2 rispettivi governi, dalla Commissione Europea e da grandi istituzioni internazionali come la Banca Mondiale e  il Fondo Monetario Internazionale e l’Organizzazione Mondiale del Commercio che impongono ai paesi in via di sviluppo la privatizzazione e commercializzazione di numerosi beni e servizi come condizione per accedere ad aiuti economici.

Fornendo il servizio chiaramente si sostanzia l’attività di lucro. C’è poi il mercato dell’imbottigliamento delle acque minerali e anche qui sono i grandi marchi ad avere il potere: Danone e Nestlè. Il consumo d’acqua è in continuo aumento e inoltre la maggior parte dell’acqua viene confezionata in bottiglie di plastica e ciò crea un enorme spreco energetico per trasformare il petrolio in plastica e anche per la gestione dei rifiuti prodotti. L’acqua si rinnova attraverso le precipitazioni e in realtà non esiste una scarsità d’acqua in quanto tale; ma il problema sta nei motivi che impediscono il godimento da parte di ampi strati della popolazione di questa risorsa. Quindi il vero problema non è la scarsità ma l’accesso all’acqua. Chiaramente tutto ciò affonda le sue radici nel potere, nella povertà e nella disuguaglianza ma non nella disponibilità materiale. Secondo Luca Troiano “l’impatto devastante che  una crisi idrica può avere sulla qualità della vita di milioni di individui deve chiamare la comunità internazionale ad elaborare una strategia che prevede uno scenario del genere ovunque questo sia prossimo a verificarsi. Allo stesso tempo l’umanità deve essere consapevole di un uso più responsabile di questa risorsa.”

 

Smiriglia Serena

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