Islam e sport

Lo sport, nella religione islamica, è permesso o vietato?
Non esiste un’interpretazione univoca. Per Maometto, infatti, la disparità di Fitness_small-file-sizegiudizi era “una benedizione per la comunità islamica”. Tuttavia, secondo il libro “Islam e sport”, del religioso Mufti Ahmed Ebrahim Bemat, esistono dei comportamenti che sono permessi e altri sconsigliati, e lo sport rientra nel primo caso solo a condizione di tenere un comportamento religioso.
Molti studiosi affermano che il Corano, in realtà, raccomanda l’attività fisica, e pure ad entrambi i sessi, senza però tralasciare raccomandazioni: è necessario fare attenzione a dedicare all’attività fisica un tempo adeguato, senza sfociare né nella pigrizia, né nel fanatismo; mai lasciarsi sedurre dagli eccessi della passione sportiva.
Le hadith (detti del profeta) addirittura suggeriscono le discipline migliori da praticare, che sono: il tiro con l’arco, il nuoto, la corsa e la lotta.
Senz’altro molti dei comportamenti legati allo sport indispettiscono la comunità islamica e fanno sì che si creino dei conflitti, specie in occasione di eventi sportivi internazionali.
Mostrare il corpo in maniera eccessiva, essere fotografati o ripresi in televisione, il tifo scalmanato, sono tutti atteggiamenti che gli integralisti non ammettono e condannano.
Nonostante la rinomata intransigenza religiosa, nel corso degli anni, in merito a degli eventi di rilevata importanza, l’esponente del Supremo consiglio islamico dell’Algeria ha concesso degli “strappi alla regola”, che hanno coinvolto sia le istituzioni religiose che quelle sportive, generando non poche polemiche, ma al tempo stesso interessanti adattamenti.
Per tutti i musulmani il digiuno nel mese del Ramadan è obbligatorio. Tuttavia, in alcune circostanze, si può essere esentati da quest’obbligo. Fu questo il caso dei calciatori della nazionale algerina, che dovendo disputare una partita dei campionati del mondo e rappresentando “il credente che si trova in viaggio durante il mese sacro”, la squadra fu sollevata dal dovere.
I Giochi Olimpici di Londra del 2012 hanno visto per la prima volta la partecipazione di atlete per l’Arabia Saudita, il Qatar e il Brunei; una rottura degli schemi che molti hanno accolto con favore, soprattutto perché proveniente da paesi che fino ad allora avevano impedito alle donne di partecipare a simili iniziative. Il tutto, però, è stato concesso ad una sola condizione: indossare vestiti appropriati secondo i dettami della sharī’a e ricevere il permesso del loro guardiano maschio (solitamente il padre o il marito) presente durante la gara.
L’oro ai giochi di Barcellona del 92, costò l’esilio all’algerina Hassiba Boulmerka, rea di aver corso i 1500 metri in canottiera e shorts. L’atleta fu condannata a morte e messa al bando dagli estremisti del suo paese.
Secondo il loro credo, la donna musulmana dovrebbe astenersi da tutti quegli sport che sono incompatibili con la propria natura (la femminilità di una donna non può trovare la sua migliore espressione su una panca da body building) e dovrebbe individuare luoghi dove possa praticare l’attività fisica lontana da sguardi molesti; ciò significa che deve frequentare una palestra per sole donne.

 

Palermo
10 Dicembre 2015

Giusy Modica
Consulente per la salute con lo sport presso l’Associazione Anas zonale Oreto.
Per informazioni e appuntamenti chiamare al numero 091-336558 dalle ore 9:00 alle ore 13:00.

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