In molti stati i diritti umani sono un optional , compresa l’Italia

133632814-9d01136a-806e-41b9-9c3c-5758220b89c0Le torture praticate e mostrate in video dagli estremisti islamici non sono un patrimonio solo di questa cultura: le recenti immagini e notizie sulle torture ed altre violenze perpetrate dai miliziani dell’Isis sui loro prigionieri, riaprono il capitolo delle torture ormai definitivamente affrontato a risolto dai governi di tutto il mondo.

A molti sembra che la tortura sia un insieme di tecniche relegate ad un lontano passato: ottenere una confessione senza i metodi di indagine moderni come DNA o poligrafo ha contribuito a realizzare, temppo addietro, macchinosi e dolorosi metodi di tortura.

Al giorno d’oggi sembra che il mondo civilizzato non abbia più bisogno di metodi così crudeli, grazie all’utilizzo della scienza come supporto alle indagini: abbiamo satelliti in grado di spiare le mosse del nemico, analisi chimiche che ci forniscono l’esatta identità di un criminale e tecniche sofisticate per ottenere una confessione veritiera senza sottoporre l’indagato ad una serie di pratiche che ben poco hanno di umano.

Tuttavia la tortura è ancora oggi largamente impiegata, soprattutto in ambito militare.

Non è da meno il fatto che i servizi segreti e gli eserciti di tutto il pianeta abbiano i loro metodi che però vengono praticati di nascosto: un’eccezione è stata quella del carcere di Abu Grahib a Baghdad, dove quello che hanno fatto alcuni militari americani è venuto fuori grazie a dalle foto scattate da personaggi di cui si sono vantati in rete.

 

Una visione quanto mai dettagliata delle tecniche di tortura più utilizzate nell’era moderna e contemporanea potrebbe essere così riassunta:

 

–          ISOLAMENTO

Ottimo metodo di tortura per “spezzare” un essere umano: sperimentato in molte carceri, l’isolamento si rivela spesso un’ottima arma per ridurre all’impotenza individui sociali, lasciandoli soli con loro stessi per periodi di tempo più o meno lunghi. I sintomi primari dell’isolamento sono l’amore estremo per altri esseri viventi, percepire oggetti inanimati come vivi e allucinazioni.

 

–          DOLORE

La più antica forma di tortura conosciuta: molte persone sottovalutano la soglia del dolore che sono in grado di sostenere, ed una volta giunti al punto di rottura faranno di tutto per terminare l’agonia. La soglia del dolore può innalzarsi per motivi psicologici, come forti motivazioni, ma è pressoché identica per tutti gli esseri umani. Può inoltre fornire false confessioni nel caso il dolore fosse troppo intenso o prolungato nel tempo.

 

–          DEPRIVAZIONE DEL SONNO

Il sonno è un elemento che contribuisce alla nostra stabilità mentale e privare un individuo del riposo non fa altro che portarlo al punto di rottura, indurre allucinazioni multi-sensoriali e psicosi di diversa natura; dopo un periodo di tortura attraverso la deprivazione del sonno, il prigioniero viene fatto riposare per poi procedere con l’interrogatorio: il solo timore di poter tornare in uno stato di deprivazione del sonno è sufficiente a far parlare quasi chiunque.

Menachem Begin, ex Primo Ministro israeliano, è stato prigioniero del KGB, ed ha subito questo genere di tortura; parlando della sua esperienza riferisce: “Nella mente del prigioniero interrogato, inizia ad esserci confusione. Il suo spirito è stanco morto, le gambe sono instabili, ed ha un solo desiderio: dormire… Chiunque abbia sperimentato questa tortura sa che nemmeno la fame e la sete sono paragonabili a questo“.

 

–          DEPRIVAZIONE SENSORIALE

Consiste nel privare un prigioniero di ogni stimolo proveniente dai sensi principali, isolandolo dal mondo esterno: sono necessari solo 15 minuti per iniziare a sperimentare allucinazioni, attacchi di panico, paranoia. Poche ore di deprivazione sensoriale equivalgono a mesi di prigionia in una cella ordinaria.

 

–           UMILIAZIONE SESSUALE

Si basa sulle credenze ed i punti di vista del prigioniero, e varia in base al sesso.

Per esempio: una persona cattolica potrebbe essere un forte oppositore dell’ omosessualità, per cui si punta a renderlo vittima di abusi orientati verso quel tipo di sfera sessuale; il prigioniero può essere costretto ad indossare biancheria femminile, a travestirsi da donna davanti all’ interrogatore, in una serie di abusi psicologici, e talvolta fisici, che lo portano al punto di rottura.

 

–          FREDDO ESTREMO

Metodo di tortura che pare essere il preferito dal governo cinese: il prigioniero viene bagnato con acqua fredda e lasciato all’esterno, o in una cella non riscaldata priva di vetri sulle finestre. Altri sono costretti a correre nella neve indossando soltanto la biancheria; altri ancora invece devono dormire per terra in celle non riscaldate, in pieno inverno.

 

–          FOBIE e MINACCE

Il primo metodo di tortura sfrutta le fobie del prigioniero per spezzarne l’animo.

C’è chi ad esempio ha la fobia per i ragni: in questo caso, può venir lasciato per ore in una stanza piena di ragni, per poi essere interrogato. Il timore di tornare in quella cella farà in modo che il prigioniero sia più calmo e risponda a tutte le domande che gli verranno poste.

Ci sono inoltre le minacce: in individui con una bassa soglia del dolore, la minaccia di provocare dolore è insopportabile, a volte meno tollerabile ed efficace del dolore stesso.

 

–          WATERBOARDING

Il governo americano di recente ha confermato l’utilizzo del waterboarding come strumento per ottenere delle confessioni: si tratta di un “affogamento controllato” versando acqua sul viso al prigioniero, simulando l’annegamento.

Alcuni agenti della CIA si sono sottoposti volontariamente al waterboarding per provare l’esperienza, non riuscendo a resistere per più di 14 secondi.

La giornalista Julia Leyton ha descritto nei dettagli il metodo:

Il water boarding viene eseguito ponendo una persona su un tavolo inclinato, con la testa nel punto più basso ed i piedi in cima. L’interrogatore lega le braccia e le gambe del prigioniero in modo che non possa muoversi e gli copre la faccia, alcune volte con del tessuto, altre con del cellophane. Poi si comincia a far cadere acqua sul viso del prigioniero; indipendentemente dal metodo, l’acqua entra o non entra nel naso e nella bocca del prigioniero. Ma l’esperienza fisica di essere sotto ondate di acqua sembra essere secondaria a quella psicologica. La mente del prigioniero crede che di essere realmente sul punto di affogare“.

 

 

Quando si sente parlare di “waterboarding” o di “deprivazione sensoriale” sui prigionieri di guerra non si fa altro che dare nomi sofisticati a metodologie che rappresentano in tutto e per tutto a tecniche di tortura.

Durante il “SERE”, acronimo che sta per “Survival, Evasion, Resistance and Escape“, i soldati americani ed inglesi vengono addestrati a ricorrere a “pratiche non ortodosseper ottenere delle confessioni dai prigionieri. Le tecniche insegnate al SERE per molti sono soltanto un insieme di metodi per estorcere confessioni; per altri, invece, violano in tutto e per tutto la Convenzione di Ginevra, rendendole a tutti gli effetti metodi di tortura.

Una guida pratica ai metodi di tortura è codificata nel “Kubark” (Counterintelligence Interrogation), un manuale sulle tecniche di interrogatorio utilizzato dalla CIA.

Tenuto segreto dal 1963 fino al 1997, la NSA lo ha reso di pubblico dominio.

 

Oggi la tortura dispone di strumenti ingegnosi, ma tuttora vige l’uso di metodi violenti e umilianti in nome di un interesse superiore: stanare criminali, punire o far confessare colpevoli di delitti, intimidire i nemici. Un male necessario? La storia (e la scienza) dicono di no.

Eppure, l’uomo è ben lontano dall’averlo compreso, anche perché le radici di questo comportamento sono molto antiche.

 

Le prime tracce della tortura risalgono già agli antichi Egizi, che fin dal XX secolo a. C. usavano metodi crudeli (soprattutto bastonate e frustate) per intimorire, punire o far confessare i malfattori o i nemici.

Ma fu con i Greci, e soprattutto con i Romani che la tortura prese piede: non a caso la parola tortura deriva dal latino “torquere” (torcere il corpo).

La tortura diventò uno strumento giudiziario perfettamente legale: la confessione era indispensabile per formulare una condanna. La flagellazione, con la frusta formata da lunghe cinghie di pel di bue che tagliavano come un coltello, era la più utilizzata, ma vi erano anche altri metodi: gli schiavi che avevano tentato di fuggire erano marchiati a fuoco sulla fronte; sotto l’imperatore Costantino allo schiavo colpevole di aver sedotto un uomo o una donna liberi veniva versato piombo fuso in gola.

La stessa crocifissione di Gesù (cruciare significava “tormentare”) era uno dei terribili supplizi riservati ai malfattori.

La tecnica più comune era quella della “corda”, consistente nel sollevare dal suolo il sospetto con una corda legata ai polsi facendo poi precipitare il malcapitato da varie altezze, disarticolando gli arti superiori; ma non vanno dimenticate la “stanghetta” (con cui si comprimeva la caviglia fra due tasselli di metallo), “le cannette”( inserite fra le dita delle mani e poi strette con cordicelle), “le tenaglie roventi” (con le quali si strappavano le carni) e l’acqua (fatta ingerire, con la forza, a litri).

 

Ma non tutti i tribunali applicavano questi sistemi in modo abituale.

Almeno fino al 1252, quando papa Innocenzo IV ne autorizzò ufficialmente l’uso nei processi contro gli eretici.

Ma alla tortura si ricorreva solo in casi eccezionali: spesso era sufficiente la sola minaccia del supplizio; in ogni caso i manuali dell’epoca raccomandavano che venisse fatta in maniera limitata, senza menomare la vittima in modo permanente, e che ogni sessione di tortura non dovesse durare più di 10 minuti.

Alla fine, se l’eretico confessava, doveva pentirsi davanti alla comunità con un “atto di fede” (“auto da fé ” in portoghese) indossando un saio nero con un alto copricapo. In caso contrario, c’era il carcere a vita o il rogo, per gli eretici recidivi o gravi.

L’Inquisizione romana, tra il 1542 e il 1761 mandò al rogo 97 persone, fra cui il filosofo Giordano Bruno che non volle rinnegare le proprie idee; Galileo Galilei invece si salvò perché abiurò.

Il quadro culturale iniziò a cambiare con l’Illuminismo: Cesare Beccaria nel “Trattato Dei delitti e delle pene” (1764) condannò la tortura come prassi inutilmente crudele: “Se un delitto è certo, inutili sono i tormenti, perché inutile è la confessione del reo; se è incerto, non devesi torturare un innocente perché tale è secondo le leggi un uomo i cui delitti non sono provati”.

 

Il primo Paese a ripudiare la tortura era stata la Prussia nel 1740.

Alla fine del secolo la Rivoluzione francese ribadì i diritti dell’uomo anche se sospetto criminale, ma la “ragion di Stato” prevalse e nel 1800 la polizia francese cominciò a usare, in segreto, varie droghe negli interrogatori per far confessare i criminali.

 

Nella I guerra mondiale (1914-1918) i turchi compirono atti efferati nei villaggi armeni: alle donne, dopo essere state violentate anche da 40 soldati, venivano strappate le sopracciglia e le unghie, tagliati i seni; agli uomini erano amputati i piedi e nei moncherini erano inseriti chiodi da ferratura da cavallo.

 

Nella nascente Unione Sovietica (1919-1950), molti preti, compresi vescovi, furono bruciati vivi, a fuoco lento; agli ufficiali che si opponevano al regime venivano tagliati i testicoli, sfregiato il volto, cavati gli occhi e tagliata la lingua.

 

I nazisti, dal 1933 al 1945, trasformarono la tortura in un fatto di massa: deportarono nei campi di sterminio ebrei, zingari, omosessuali e dissidenti politici per sterminarli sistematicamente; erano usati anche come cavie umane per atroci esperimenti: riduzione di ossigeno e di pressione atmosferica, congelamento e raffreddamento prolungato, prove di sterilizzazione e castrazione.

Prima ancora di distruggerne i corpi, i nazisti annientavano le anime dei prigionieri: sostituivano i loro nomi con numeri, li costringevano a lavori massacranti e inutili, li affamavano. Fino a cancellarne la dignità.

 

Durante la guerra fredda, gli Usa, ossessionati da spie, misero a punto un manuale sull’interrogatorio di controspionaggio, il “Kubark”, basato sul modello delle 3 D: dependency, debility, dread (dipendenza, debilitazione, terrore).

Il manuale fece scuola in tutti i conflitti successivi: la tortura fu usata nella guerra del Vietnam (anni ’60) dai militari Usa, nella Grecia dei Colonnelli (anni ’60), nella Gran Bretagna impegnata contro i separatisti dell’Ira (anni ’70) fino ad arrivare alla Cambogia: durante il regime di Pol Pot (1976- 1979).

Le vittime erano picchiate con il guanto di ferro, la cui superficie esterna era ricoperta di chiodi; un altro metodo era far stendere il prigioniero a terra con la faccia in su: 4 uomini gli tenevano ferme le spalle e la testa, e il collo gli veniva tirato, mentre un quinto uomo lo colpiva, sul collo, col calcio di una rivoltella o con una mazza fino a fargli uscire il sangue dalla bocca e dalle narici. Molti erano ustionati con acqua bollente o con candele accese.

 

Gli ultimi orrori, in ordine di tempo, sono le camere della tortura argentine (1976-1983) e cilene (1973-1990) nelle quali si utilizzava molto l’elettricità: gli aguzzini collegavano la batteria di un’auto ai genitali o ai capezzoli delle vittime, costrette a continue docce gelate e minacciati di morte. I cadaveri (o i prigionieri agonizzanti) venivano fatti sparire gettandoli nell’oceano dagli aerei.

 

Ai giorni nostri non è possibile quantificare quante torture vengano ancora inflitte ma, secondo Amnesty International, siamo nell’ordine di migliaia; i più noti sono venuti a galla dal carcere di Abu Ghraib (Iraq)o dal carcere Usa a Guantanamo, dove 460 persone sono recluse senza processo né accuse in condizioni inumane, con suicidi sempre più frequenti.

In molti Stati (Cina, Russia, Paesi islamici) i diritti umani sono un optional, ma anche i Paesi democratici hanno un lato oscuro; nel dossier di Amnesty figurano infatti molte nazioni europee, compresa l’Italia, dove l’episodio più grave riguarda 59 poliziotti accusati di violenze contro i manifestanti di Napoli (marzo 2001) e Genova (luglio 2001: quasi 100 feriti, di cui 3 in coma).

 

Tre millenni di torture: dagli Egizi all’Iraq, con un denominatore comune: la crudeltà degli aguzzini è sempre giustificata con un interesse superiore: la sicurezza dello Stato, l’ortodossia religiosa e la lotta al crimine.

Ma rimane orribile, inutile e spesso controproducente.

 

 

Valentina G.

Print Friendly, PDF & Email

Related posts

Leave a Comment