Il mondo della donna giapponese

Si narra che, in epoca antichissima, la società giapponese fosse una società matriarcale, tanto che la successione andava per linea femminile e molte GEISHA-BEAUTY-SECRETdonne erano a capo dei loro clan, come, ad esempio la regina Himiko che guidava gli Yamatai (I-II secolo d.C.). Solo nelle epoche Nara ed Heian (dal VII al XII), il potere sui clan cadrà in mano maschile e le donne della nobiltà cominceranno ad avere un ruolo di secondo piano, all’ombra del marito e dei figli maschi.
Le epoche successive vedono sorgere uno schema piramidale patriarcale, e nel periodo Edo ( XVII-XIX secolo), quando la filosofia neo-confuciana venne adottata alla lettera dagli shogun, si sviluppa il seguente concetto: l’uomo deve lavorare all’esterno e la donna deve badare alla casa.
Nel corso dei secoli, dunque, le condizioni cambiarono e le donne si trovarono ad occupare uno spazio sempre più marginale nella società, costrette ad una vita di sacrifici alle spalle degli uomini. Questa condizione sociale è rimasta praticamente invariata fino a pochi decenni fa quando, con la modernizzazione della società, la situazione femminile ha cominciato a migliorare, grazie al riconoscimento di una serie di diritti.
Fin dai tempi remoti la figura della donna è stata strumentalizzata; nei periodi in cui non c’era la possibilità di mantenere economicamente le proprie figlie, le famiglie facevano sì che queste abbandonassero la casa di provenienza per dedicarsi al servizio presso le altre famiglie più ricche. La maggioranza di queste donne prestava servizi sessuali, ma quelle che avevano ricevuto una maggiore educazione culturale potevano permettersi di intrattenere i partecipanti degli incontri dei nobili con la loro dialettica e la loro cultura letteraria. Fu allora che nacque il ruolo delle “intrattenitrici femminili”.
Con gli anni si ebbe una netta distinzione di ruoli: tayû (cortigiana, colei che concedeva il proprio corpo) e geisha (persona d’arte, colei che intratteneva con la danza,il canto, ecc.)
Il termine “geisha”, costituito da due sinogrammi (arte, persona), letteralmente significa “persona esperta nelle belle arti, nelle buone maniere”.
L’educazione della geisha iniziava in tenerissima età. In alcuni casi le bambine venivano vendute sin da piccole alle case di geisha, fenomeno ancora attuale.
Le case di geisha prendevano il nome di “Okiya”, ed erano strutturate molto rigidamente.
Tutte le ragazze dovevano passare diverse fasi prima di diventare addirittura “maiko” (apprendista geisha) e in successione geisha vera e propria.
Le ragazze appena entrate negli Okiya venivano chiamate “shikomi” e di solito svolgevano lavori da domestica; questo duro lavoro serviva per forgiarne il carattere. La più piccola della casa doveva addirittura attendere che tutte le geishe fossero tornate a casa dai loro appuntamenti prima di poter andare a dormire. Successivamente le shikomi potevano frequentare le classi della scuola per geisha, dove qui imparavano a suonare alcuni strumenti musicali, a cantare canzoni tipiche e ad eseguire delle danze tradizionali. Superata la scuola, la ragazza passava ad un grado di apprendistato superiore, chiamato “minarai”; in seguito si passava al grado di maiko ed infine dopo un lasso di tempo di circa 5 anni, potevano essere definite geishe a tutti gli effetti.
Durante tutti gli anni di apprendistato, la geisha imparava anche a muoversi con grazia ed eleganza, a servire da bere in modo raffinato, a conversare con intelligenza, ed inoltre a curare al meglio il suo aspetto fisico, a vestirsi col kimono in seta, a truccarsi il viso con un pesante cerone bianco, occhi marcati di nero e bocca rossa, fino a rendersi quasi una maschera; il tutto accompagnato da una pesante acconciatura raccolta.
La geisha rappresentava l’incarnazione di un canone di raffinatezza suprema e compensava, quindi, una figura femminile poco attraente, assolutamente sottomessa all’uomo e totalmente priva di una propria personalità, fornendo all’uomo quell’interesse che non riusciva a trovare tra le mura domestiche.
La mutata condizione sociale della donna dei giorni nostri sta facendo scomparire la figura della geisha, che ancora oggi esiste, ma via via va eclissandosi; se ne contano forse duemila, ma per sbarcare il lunario, per perpetuare la loro sofisticatissima tradizione sono costrette a re-inventarsi, ad adattarsi a un mondo che il dissesto economico ha privato dei loro più affezionati clienti: i ricchi uomini d’affari e i politici.

Giusy Modica
Consulente per la salute con lo sport presso l’Associazione Anas zonale Oreto.
Per informazioni e appuntamenti chiamare al numero 091-336558 dalle ore 9:00 alle ore 13:00.

 

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